Pensieri di cura


Giulio Reggio



Anche gli uomini educano Nei percorsi formativi e di supervisione con educatrici e coordinatrici di asili nido, diversi per tipologia, orientamento pedagogico e contesto sociale, emerge spesso l’insoddisfazione legata all’assenza di spazi e tempi di riflessione su diversi aspetti della pratica quotidiana ed in particolare su quelli riguardanti la cura.

I tempi della cura

In alcuni casi si ha infatti la sensazione che i tempi di momenti importanti della giornata educativa, quali il cambio, il pranzo e in alcuni casi il sonno, risultino troppo stretti, condizionati da esigenze organizzative del servizio da un lato e dall’altro dalle attività di vario genere proposte ai bambini.

Come faceva rilevare un’educatrice, c’è il rischio che i gesti della cura diventino quasi meccanici e scontati; per questo credo siano utili alcune riflessioni in merito.

I contatti che le educatrici hanno tutti i giorni con i piccoli contribuiscono alla costruzione di una immagine corporea positiva di sé: toccare, nominare e connotare tutte le parti del corpo, anche quelle "invisibili", rafforza la percezione e il vissuto dell'integrità e della solidità della persona.

la cura e il corpo

La collaborazione alla cura del proprio corpo rappresenta, a mio parere, la condizione che permette ai bambini di acquisire quell'autonomia “psicologica” capace di consentire loro di andare incontro al mondo senza avere costantemente bisogno dell'adulto, vissuto come prezioso punto di riferimento o, per rifarci alla teoria dell'attaccamento, come base sicura.

Il nido ed i servizi educativi sono luoghi di incontro di corpi viventi e vissuti ed è sempre opportuno ricordare che nella relazione adulto/bambino si incontrano un adulto, un bambino e il bambino che l'adulto è stato.

la cura nella relazione

Come abbiamo detto la cura è un atto di relazione che necessita a mio parere di un senso pedagogico e quindi deve costituire un elemento centrale della progettazione educativa, in cui tutto il gruppo di lavoro è coinvolto.

Per fare un esempio quali aspetti riteniamo più importanti, ad esempio nel momento cambio o del pranzo?

Attraverso quali processi riusciamo a rispondere in maniera “sufficientemente buona” ai bisogni di bambine e bambini?

Ci interroghiamo sul tempo concesso ai bambini per provare e sbagliare, correggersi e provare di nuovo a mangiare da soli, ad alzarsi in piedi, a spostarsi nello spazio, a collaborare alla propria igiene.

È opportuno poi tenere presente che nell’attuale conteso sociale i servizi 0 / 6 anni possono offrire all’infanzia tempi più distesi e in linea con le tappe di sviluppo.


Per concludere


Mi è stato chiesto più volte che cosa è opportuno fare quando le educatrici sono in relazione con bambini per i quali il corpo non sempre è stato vissuto prevalentemente come luogo di piacere a causa di malattie, ospedalizzazioni e interventi medici periodici.

Non esiste nessuna ricetta, ma penso che l’obiettivo sia quello di far sì che il corpo ritorni a vivere momenti di benessere, tenendo conto naturalmente delle diverse specificità.

Un cambio non frettoloso in cui si pone grande attenzione al tatto, i massaggi, le parole, esperienze motorie attentamente calibrate possono costituire delle opportunità preziose per “poter star bene nel proprio corpo”.


Giulio Reggio

Consulente pedagogico, formatore, psicomotricista e responsabile editoriale del Blog Lo specchio di Alice

 

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