L'influencer non è un educatore

 


Partecipare per crescere Nell'epoca degli influencer ho avuta netta la percezione che la società abbia perso interesse per l'educare, nel suo significato etimologico di aiutare a tirare fuori ciò che siamo, la nostra personalità, il nostro modo originale di stare al mondo, che non sfoci nell' individualismo e nel desiderio ossessivo di fare successo e accumulare denaro.

Coltivare le passioni significa andare verso ciò che nutre la nostra creatività, che fa fiorire la nostra esistenza che mantiene vivo e a lungo il desiderio di desiderare! 

 

Un educatore, un'educatrice hanno questa delicata missione, non devono influenzare, indicare, anestetizzare quel naturale fluire verso il proprio viaggio interiore di scoperta e sperimentazione, l'educatore apre visioni, fornisce gli strumenti per affinare lo spirito critico, affinché ogni scelta possa essere dettata dalla consapevolezza e non dal condizionamento. 

 

Il ruolo dell'influencer 

L'influencer non educa, trova argomenti persuasivi per convincerti che la sua vita:" ciò che mangia, i vestiti che indossa, le case che abita, i figli che cresce, tutto ciò che espone quotidianamente attraverso i media e i social, sia il meglio al quale tu possa aspirare e riferirti. In poche parole vende la sua vita al miglior offerente! 

 

Il grande bluff degli influencer

Avverto nitido e urticante il bluff sociale di questi imbonitori

"stellati" che negli anni hanno fatto un grande salto, da rappresentanti "porta a porta" di enciclopedie e libri di scarsa qualità, sono arrivati sul podio del mezzo virtuale e intelligentemente hanno imparato a vendere il nulla come se fosse un trattato di alta filosofia. 

L'aspetto inquietante che mi lascia impotente è la capacità di mischiare il nulla valoriale che li caratterizza a qualche performance di dubbia qualità, facendoci credere di abbracciare cause sociali, civili, ma ad un occhio attento non può sfuggire che la sovraesposizione ridondante, a tratti volgare e gratuita ha solo a che vedere con il marketing e la visibilità, i contenuti sono letteralmente affogati nella assoluta disarmonia e incoerenza della loro narrazione.

 

Il linguaggio degli influencer

Il linguaggio degli influencer mi riporta ad una robotizzazione emotiva, il vocabolario a loro disposizione è scarso, poco empatico, sono molto più preoccupati della loro immagine che ai contenuti da esprimere.

Tutto deve essere sotto controllo, curato nei particolari più superficiali, una spontaneità ostentata ma non autentica.

Sono innamorati perdutamente della loro immagine, il delirio di onnipotenza gli ha aperto le porte del successo effimero e al denaro facile, i loro followers danno conferma quotidiana al loro inguaribile narcisismo.

Rispondono adeguatamente alle leggi del mercato, si sentono "contro e ribelli" ma incarnano perfettamente tutti i diktat del capitalismo e consumismo più becero.

Sono soprattutto fluidi nel pensiero, attraversano tutto, ignorano la sobrietà nei comportamenti , il loro quotidiano patinato, ostentato li rende molto popolari ma poco credibili. Ogni gesto, azione, messa in scena, viene data in pasto sui social, è studiata nei minimi particolari, tutto viene veicolato, consumato e presentato per catturare l'attenzione dei followers, un'operazione di marketing perfetta.

Obiettivo: vendere il proprio prodotto, qualunque esso sia!


Influencer=manipolatore

Su un aspetto gli influencer sono abili: manipolare! 

Pur di guadagnare la ribalta, sono disposti a tutto, inventano quotidianamente cosa possa stupire e condizionare i followers, sono le immagini il piatto ghiotto, fotogrammi di vite perlopiù lussuose, irraggiungibili, via libera a case principesche dotate di ogni comfort, automobili costosissime, abiti e accessori griffati, figli esposti alla bulimia mediatica come se fossero cioccolata da mangiare!

Per ogni spot realizzato c'è una regia pensata e strategica, finalizzata a far comprare i loro prodotti e a scegliere il loro brand.

In quei pochi minuti di video la loro vita viene sintetizzata e nello stesso istante esaltata, affinché chi osserva la possa desiderare, sognare ma anche pensare di poterla raggiungere e realizzare.

Quel mondo di plastica diventa il punto di riferimento di tanti giovani ragazzi e ragazze. Nei loro pensieri inizia a farsi spazio il convincimento che se vuoi…puoi! Che è giusto competere, puntando sulla propria immagine, piuttosto che lo studio, l'approfondimento, il confronto, la collaborazione creativa. Gli influencer hanno insinuato nelle menti di tante persone l'idea malsana che si possa accedere ad una vita di agi e lusso mettendo " in vendita" la vita privata, dandola in pasto senza nessuna ritrosia, buon gusto, giusta riservatezza.

Lo stare sotto i riflettori ventiquattro ore al giorno ha dato la stura al voyeurismo ossessivo di milioni di individui che si cibano quotidianamente di spazzatura mediatica.


La vita vera è altrove

Credo sia inquietante vivere per procura, gli influencer stanno paralizzando il desiderio di sperimentare, anestetizzano lo spirito critico, tanti giovani soprattutto, invece di vivere pienamente le loro vite, sono incollati ai social e seguono pedissequamente l'esistenza altrui, si accontentano acriticamente dei vissuti dei loro " eroi patinati" ogni proposta effimera dei loro beniamini, viene ingoiata senza colpo ferire.

L'influencer è l'avatar mascherato e falso di una vita/ non vita.

Nonostante siano molto evidenti gli interessi personali e le intenzioni degli influencer di portare a casa un risultato che sia monetizzabile, continuano ad avere molto successo, anche se prevedo che rimarranno ingabbiati dentro questo mondo virtuale da loro stessi creato ed esasperato. Come tutti i meccanismi perversi, dopo aver raggiunto l'apice del successo saranno "vomitati" e detronizzati, come si fa con i vecchi mobili diventati ormai inutili e ingombranti. 

 

Io educatrice 

Come educatrice e persona pensante, intravedo un rischio notevole nello sdoganamento di queste figure ambigue, capaci di ipnotizzare le coscienze e il pensiero critico.

Ovviamente non sto certamente invocando la censura nei social e nel web degli influencer, ma sicuramente questo "fenomeno" ormai dilagante, mi fa pensare che la responsabilità di tutte le agenzie educative stia venendo meno.

Non possiamo confondere i due piani, l'influencer non educa come ho già esplicitato nell'articolo, bisogna riprendere le redini della "questione educativa." 

La famiglia qualunque essa sia e la scuola hanno la responsabilità di farsene carico senza lasciare troppo spazio a queste "tossicità mediatiche" dolosamente consapevoli di seminare in giro pensieri fallati, incapaci di far fiorire idee originali, che puntino ad un ben-essere comunitario, dove i nutrimenti preziosi possano risiedere nell'arte, nella musica, nella poesia, nella cultura, piuttosto che sull'individualismo narcisistico che vede nel denaro, nella carriera e nel lusso gli obiettivi primari e soddisfacenti da raggiungere a qualsiasi costo.


Educare ed educarci

Non esistono formule miracolose per provare a costruire un mondo migliore, che non sia spaccato in più parti da ingiustizie, guerre, fame, sofferenza. Abbiamo tutti l'enorme responsabilità di fare la nostra parte, partecipando attivamente a questo viaggio di trasformazione e di presa di coscienza, tante le criticità dei nostri tempi, tanti gli errori e le omissioni commesse dalla politica, tante le storture incomprensibili dei mezzi di comunicazione, sconfinata la crisi valoriale alla quale assistiamo spesso anestetizzati, attoniti e impotenti.

In questa disarmonia evidente, nascono e prolificano falsi bisogni, veicolati e sostenuti dai social e dal web attraverso l'uso e l'abuso di tanti specchietti per le allodole, gli influencer rappresentano uno di questi specchietti! Il rimedio e l'antidoto a questo reflusso destabilizzante e diseducativo è: educare ed educarci a diventare persone migliori, creative, solidali, responsabili, realmente libere e rispettose dell'alterità. Solo l'educazione può assolvere a questa missione, non esistono scorciatoie e ricette illusorie che un influencer possa indicare con efficacia, il viaggio esplorativo nella vita è molto più complesso e articolato, merita uno sguardo oltre l'orizzonte della convenienza personale, vivere con arte può essere una sfida entusiasmante e pacifica, un balsamo per le tante anime ferite che reclamano giustamente la loro porzione di felicità, anche nella semplicità della loro condizione. 

La felicità non può essere comprata, la felicità ha nel denaro il suo primo nemico! La felicità è quel respiro libero in un passo di danza, in un canto nella notte, nel ritmo antico che vibra, nel mistero indicibile di un'opera d'arte, nello stupore di un bambino.



Anna Maria Mossi Giordano, già educatrice nei nidi pubblici di Roma 

 

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